Venerdì 21 novembre — 21.00
Cineteca Milano MIC
1976 | sonoro
16mm (trasf. video) | colore | 112’
REGIA
VALIE EXPORT con l’assistenza di Peter Weibel
SCENEGGIATURA
Peter Weibel, da un’idea di VALIE EXPORT
FOTOGRAFIA
Wolfgang Simon
ASSISTENTE OPERATORE
Rudi Palla
MONTAGGIO
Juno Sylva Englander, VALIE EXPORT, Herbert Baumgartner
SUONO
Hans Hartel, Klaus Hundsbichler, Mel Kutba, Rainer Kalchauser
PRODUZIONE
VALIE EXPORT
INTERPRETI
Susanne Widl, Peter Weibel, Dr. Josef Plavec, Monika Helfer-Friedrich, Helke Sander, Dominik Dusek, Herbert Schmid, Eduard Neversal
in collaborazione con Forum Austriaco di Cultura di Milano

UNSICHTBARE GEGNER (Invisible Adversaries)
“A una comunicazione che trasmette odio, si contrappone una reazione di vulnerabilità. Quando i sogni e il sonno, e tutto quanto si deposita sotto al letto come protocolli di pensiero inconsci, diventano teatro di battaglia e di una rottura imminente di tutte le immagini trovate, allora nella frattura vediamo l'immagine reale, il dramma dell'autorealizzazione umana. Alla ricerca di una casa, il cappio del boia ci si stringe attorno al collo.” (V. E.)
Anna è un’artista viennese ossessionata dalla minaccia degli Hyksos, una specie extraterrestre che sta invadendo segretamente il pianeta, assumendo le sembianze di esseri umani e riducendo la realtà a una massa di segnali alieni e incomprensibili. La seguiamo nel suo quotidiano tra le mura di casa e nello spazio pubblico, tra il suo lavoro con la fotografia e il video e le faccende domestiche, tra il sesso e i litigi col compagno (interpretato dall’artista Peter Weibel, ex-partner di VALIE EXPORT e co-sceneggiatore), in una spirale sempre più allucinata e pericolante di inquietudini ed elucubrazioni, che culmina in una diagnosi di schizofrenia. Ma lungi dal conservare una rassicurante separazione tra realtà oggettiva e percezione patologica, la narrazione del film si lascia infiltrare gioiosamente dal delirio estetico dell’immaginazione di Anna, grazie anche a un montaggio fatto di scarti bruschi e repentine giustapposizioni e a una disseminazione di invenzioni visive esilaranti e perturbanti, che sembrano progressivamente minare ogni corrispondenza consueta tra segni e significati. Questo lungometraggio d’esordio è molto più di una finzione semi-autobiografica pervasa di fantascienza paranoica: è una visita fantasiosa all’atelier mentale dell’artista, quasi un’esibizione in progress della sua opera che intreccia sperimentazione linguistica e confessione intima, riflessione femminista e critica politica dei mass media. Unsichbare Gegner resta uno degli esempi più memorabili di una particolare fase del cinema d’artista, tra la fine degli anni ‘70 e la metà degli ‘80, quando formalismi d’avanguardia e moduli narrativi s’incontrano senza impulsi castigatori o agende di ritorno all’ordine, ma anzi nel segno di una ludica autocoscienza e di un’emancipazione vivificante.
— T.I.